Uno degli strumenti finanziari che continua ad essere molto utilizzato dagli investitori italiani è il BTP (Buoni del Tesoro Poliennali), il principale titolo emesso dallo Stato Italiano.
La gamma delle scadenze dei BTP prevede quattro varianti: 3, 5, 10 e 30 anni.
I collocamenti avvengono secondo un calendario predefinito e regolare e, per incrementare la liquidità delle varie emissioni, il Tesoro inizia il procedimento di offerta proponendo titoli della durata di 5 anni e mezzo, 10 anni e mezzo, oppure di 31 anni.
In questo modo, solo al termine di un ciclo piuttosto esteso di “riaperture”, la vita residua delle obbligazioni in circolazione coincide con le scadenze standard indicate e l’emissione può considerarsi a tutti gli effetti chiusa.
I BTP possono essere sottoscritti per un valore nominale minimo di 1.000,00 € o multipli di tale importo. Si tratta quindi di uno strumento accessibile a qualunque tipo di risparmiatore e infatti piuttosto diffuso.
Negli ultimi anni il termine BTP è stato abusato ogni qual volta che si parlava di spread, ovvero della differenza di rendimento tra i nostri BTP ed i BUND tedeschi, questi ultimi presi convenzionalmente come riferimento per valutare la rischiosità di un titolo.
Il successo dei BTP, come di tutti i titoli di stato, è dovuto non tanto dai rendimenti, piuttosto modesti per la verità, ma dalla scarsa rischiosità dell’investimento. In realtà, a tal proposito, bisogna dire che di sicuro al giorno d’oggi c’è ben poco, anche se la grande paura dovuta al rischio di insostenibilità del nostro debito pubblico sembra essere ormai alle spalle.
Per l’anno in corso, il basso rendimento dei BTP ci mette in condizione di sconsigliarvi l’ipotesi di un investimento su questi titoli: l’ultimo tasso di rendimento lordo rilevato sui BTP con scadenza decennale è pari solo al 1,28%, con un trend sempre negativo negli ultimi mesi. Potreste essere portati a pensare che con un’inflazione vicina allo zero, quando non addirittura negativa, la cosa non sia poi così male, tuttavia le prospettive economiche vedono una leggera ripresa dell’inflazione, il che rende meno appetibili i rendimenti offerti dai BTP.
Anche le prospettive stesse sui BTP non sono delle più rosee: il governatore della BCE – Banca Centrale Europea, Mario Draghi, ha recentemente annunciato che il programma di Quantitative Easing (l’acquisto di titoli di Stato da parte della BCE) andrà avanti fino al 2017, contribuendo a tenere bassi i rendimenti dei titoli di Stato e dare quindi sostegno ai debiti pubblici degli stati europei.
Inoltre bisogna che teniate presente che i rendimenti dei BTP a scadenza settennale sono ancora più bassi (0,79%), pressoché nulli sono i rendimenti per i titoli a scadenza triennale (in realtà sono in negativo -0,11%), e fortemente negativi per i BTP a scadenza annuale. Va da se che in una condizione del genere sembrerebbe un’utopia pensare di investire in titoli di Stato.
Lo scenario descritto porta a suggerirvi che una buona soluzione possa essere investire nella Borsa, dando così linfa fresca alle imprese italiane ed europee (che poi sarebbe uno degli obiettivi della politica monetaria precedentemente descritta con l’intenzione di generare dei risvolti positivi nei confronti dell’economia reale): investire su un titolo di borsa vi può garantire margini di rendimento interessanti ma vi può al tempo stesso comportare una serie di rischi che solo ogni investitore può ritenere accettabili o meno.
L’unico modo per guadagnare qualcosa con i BTP sembrerebbe essere quello che sottoscriviate titoli trentennali con rendimenti (alla data odierna) vicini al 2,5%, tuttavia la scadenza lunghissima è un limite notevole che porta a sconsigliarvi questo tipo di investimento.
Un’altra alternativa è sottoscrivere i BTP Italia, nuovi titoli di Stato il cui rendimento è connesso all’inflazione ed in caso di deflazione vi garantirebbero comunque il capitale iniziale.